La sentenza in esame si inserisce nel solco di un consolidato orientamento giurisprudenziale che ha esteso la portata applicativa della confisca per equivalente nei reati di riciclaggio, ribadendo l’autonomia della misura ablativa rispetto agli accordi intervenuti tra le parti nell’ambito di un rito speciale ex art. 444 c.p.p.
Gli imputati, con provvedimento emesso dal GUP del Tribunale di Padova, venivano condannati con patteggiamento per il delitto di riciclaggio e, contestualmente, sottoposti alla confisca per equivalente delle somme ritenute illecitamente movimentate sui loro conti correnti.
La misura ablativa, disposta ai sensi dell’art. 648-quater c.p., colpiva importi significativi, suddivisi tra i due imputati, in relazione a diverse imputazioni di riciclaggio.
Avverso tale provvedimento, i ricorrenti proponevano impugnazione in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione in ordine all’entità della confisca, sostenendo che essa eccedesse i limiti dell’accordo stipulato con il pubblico ministero. Nello specifico, deducevano che la confisca avrebbe dovuto riguardare esclusivamente le somme ancora giacenti sui loro conti correnti, escludendo quelle successivamente restituite al soggetto dante causa del reato presupposto.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la legittimità della confisca disposta in primo grado e affermando principi di rilevante impatto sistematico.
In primo luogo, la Corte ribadisce che la confisca per equivalente nei reati di riciclaggio non è subordinata agli accordi negoziali tra le parti, ma costituisce una misura di sicurezza patrimoniale obbligatoria, diretta a sottrarre definitivamente al circuito economico risorse di provenienza illecita. La misura può colpire sia il profitto del reato, inteso come il vantaggio economico direttamente derivante dall’attività criminosa, sia il prodotto del reato, ossia le somme di denaro o i beni che abbiano subito operazioni idonee a ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa.
In tale prospettiva, la Corte richiama un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (Cass. Sez. II, n. 10218/2024; Cass. Sez. II, n. 18184/2024), secondo cui la confisca non si limita ai beni oggetto di effettiva trasformazione materiale a seguito dell’attività di riciclaggio, ma si estende anche a quelli che, pur non avendo subito modificazioni fisiche, hanno cambiato titolarità giuridica in conseguenza delle operazioni di occultamento.
Un elemento particolarmente significativo della sentenza in commento è la chiara distinzione tra profitto e prodotto del reato di riciclaggio, con implicazioni dirette sull’oggetto della confisca:
• Profitto del reato: ricomprende non solo le somme ancora detenute dagli imputati, ma anche quelle prelevate e utilizzate personalmente, senza prova di retrocessione al dante causa.
• Prodotto del reato: concerne le somme movimentate allo scopo di “ripulire” il denaro, anche qualora siano state restituite successivamente al soggetto autore del reato presupposto.
In quest’ottica, il Collegio ha ritenuto legittima la confisca delle somme che gli imputati avevano inizialmente ricevuto sui loro conti correnti, indipendentemente dal successivo reimpiego o retrocessione al dante causa, in quanto tali importi risultavano comunque strumentali all’attività di occultamento della provenienza illecita.
Di particolare rilievo è l’affermazione della natura autonoma della confisca rispetto all’accordo negoziale tra le parti. La Corte evidenzia che l’art. 648-quater c.p. prevede una misura obbligatoria, che può essere disposta indipendentemente dall’adesione delle parti, senza che ciò infici la validità generale dell’accordo ex art. 444 c.p.p.
A conferma di tale principio, la sentenza richiama precedenti conformi (Cass. Sez. V, n. 2738/2022, Cass. Sez. I, n. 11604/2013), sottolineando che l’esistenza di un patteggiamento non limita il potere-dovere del giudice di applicare la confisca ogniqualvolta ne ricorrano i presupposti normativi.
La decisione della Corte di Cassazione rappresenta un’ulteriore conferma dell’approccio rigoroso adottato in materia di ablazione patrimoniale nei reati di riciclaggio. L’ampliamento della nozione di prodotto del reato, che include anche le somme oggetto di successivo reinvestimento o retrocessione, rafforza l’efficacia della confisca come strumento di contrasto alla criminalità economica.
Qualsiasi somma movimentata in un contesto di riciclaggio può essere assoggettata a confisca, indipendentemente dall’effettiva disponibilità finale degli imputati.
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Avvocato con consolidata esperienza nel diritto tributario e nella compliance aziendale.